È il 24 febbraio 2020, è sera tardi, siamo al Mc Donald sul Fulvio Testi perché è il compleanno di Mirko, il nostro maestro di teatro. Non siamo in tanti, la gente pian piano stava iniziando a smettere di uscire, ma la situazione non era ben chiara. Siamo lì insieme, gente di gruppi diversi, parliamo del più e del meno, non conosco bene tutti, ma il bello del teatro e di chi lo frequenta è che bastano due battute per entrare in confidenza. Sembra una serata normale, ma si sente che manca la voglia di festeggiare, aleggia nell’aria un sentimento comune: qualcosa sta cambiando.

Nessuno però poteva immaginare tutto questo, tanto meno io; era passata neanche più di una settimana dal mio primo provino da attore. Un provino che avevo fatto un po’ per gioco, un po’ per sfida, un po’ perché mi piacciono le avventure, i salti nel vuoto. Lo avevo passato, ero stato preso! Io che frequentavo la scuola di teatro da poco più di un anno, ce l’avevo fatta, avrei fatto parte di una compagnia teatrale per tutta l’estate in un villaggio turistico, di giorno animatore e la sera attore, ero eccitato! Cinque spettacoli da preparare, contando anche quello di fine corso a scuola, un sacco di copioni da studiare, tante ore da passare in sala prove, da trascorrere insieme a persone che lavorano in teatro da anni, da cui poter imparare, ma soprattutto con cui potersi divertire: un’opportunità unica.

Sono passati due mesi da allora, è il 24 aprile. Ciò che prima ci faceva ridere e ci sembrava impossibile, ora ci fa disperare. Non abbiamo mai iniziato le prove di quegli spettacoli, ci chiamiamo sul computer e ci diamo forza, leggiamo i copioni, ci facciamo compagnia, ma qualcosa ci manca. È come paragonare una partita di calcio ad una partita alla playstation, sono divertenti entrambi, ma la partita vera è un’altra cosa. Sappiamo che questo tempo perso in cui avremmo riso, giocato, urlato, rimproverato non riusciremo ad averlo indietro.

È stato giusto, è giusto, sarà giusto rimanere a casa fino a quando la salute di tutti non sarà più a rischio. Ma questi due mesi di quarantena ci hanno tolto tanto, a noi forse più di tutti, perché noi viviamo per il contatto, per le emozioni degli altri, per i respiri e per le passioni; e qui soli nelle nostre stanze le uniche passioni che ci travolgono sono la nostalgia, la solitudine e tanta rabbia. Siamo arrabbiati perché non ci è dato sapere quando potremo ritornare, se potremo ritornare, se ci aiuteranno a farlo o se perlomeno ci stanno pensando ad una soluzione. E in questo clima di incertezza noi però non molliamo, non lo faccio io che sono un novizio figurarsi chi a l’arte ci ha dedicato la vita. Andiamo avanti a testa alta convinti del fatto che un guerriero non può mai abbassare la testa, altrimenti perde l’orizzonte dei suoi sogni. 

Vittorio Zampino

Allievo Corso teatrale Intermedi


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